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Dimmi per cosa t’incazzi e ti dirò chi sei

Se abitassi a Torino, domani andrei alla manifestazione dall’incantevole titolo “FROCIZZIAMO IL CONSOLATO POLACCO!”, organizzata da Free-k Pride, alle 16:00 in Piazza Giosué Carducci.

Chi segue questo blog (adoro queste formule del cazzo. Lo so, lo sai: nessuno segue questo blog, neanche tu lettore occasionale, e neanche io, che lascio tutto al niedbalstwo più totale) sa già perché è giusto protestare contro l’attuale governo polacco e mostrare la propria solidarietà alla comunità lgbtq+ che ogni giorno lotta o semplicemente cerca di sopravvivere in questo paese. Se volete ripassare, leggete qui e qui (solo una cosa è cambiata, ovvero che Margot non è più in carcere).

Nel post di oggi vorrei darvi un ulteriore motivo.

Nella notte tra il 29 e il 30 settembre sui muri dell’edificio del Ministero dell’Istruzione, sono stati sprayati i nomi delle persone, giovanissime, uccise dall’omofobia e dalla transfobia: Kacper, Dominik, Wiktor, Michał, Milo, Zuza. Oltre a questi nomi, era presente anche la scritta “Twoje dziecko LGBT+”, ovvero “Il tuo bambino LGBT+” (vale la pena notare che il sostantivo “dziecko”, in polacco, è di genere neutro).

Il ministro Piontkowski si è preoccupato di organizzare una conferenza stampa sotto all’edificio, non certo per affrontare il problema dell’omotransfobia nel suo paese, quanto per sottolineare che le persone che hanno compiuto questo gesto sono “idioti” e “barbari”. Ed ecco che questa parola, “barbaro”, ci suggerisce un’altra parte che resista a suddetta barbarie, presumbilmente la “civiltà”. Ma questo governo, in realtà, sta raccogliendo quanto ha seminato, dopo che i suoi esponenti hanno detto che le persone LGBT+ non sono persone, ma un’ideologia. Dopo che il ministro Zbigniew Ziobro ha difeso pubblicamente le amministrazioni omotransfobe. Dopo che il Ministero della Giustizia di quest’ultimo ha sponsorizzato la pubblicazione di due articoli, in due numeri di maggio del settimanale Do Rzeczy, nel quale si parlava, e qui la coincidenza è illuminante, di “barbarie LGBT+”*.

Jan Hartman voleva una Margot più educata, Piontkowski, viene da pensare, si aspetta che delle persone discriminate, esasperate, rispondano con pacatezza, in manifestazioni pacifiche, colorate ma pulite, a un governo che rappresenta la parte di società che, più o meno attivamente, li esclude.

Imbrattare i muri, è sempre stato così, fa incazzare i benpensanti. Ma come si può, si chiede Piontkowski, vandalizzare un posto storico. Mi ricorda alcuni commenti che ho sentito da certi italiani, sedicenti amanti dell’arte, indignati durante le proteste di Black Lives Matter per l’imbrattamento delle statue dedicate a Cristoforo Colombo. O i polacchi nello stesso periodo, scandalizzati dalle scritte comparse sul monumento di Tadeusz Kościuszko a Washington, indifferenti al fatto che lo stesso Kościuszko scrisse nel suo testamento che i soldi a lui dovuti dal governo federale americano avrebbero dovuto essere usati per liberare ed educare le persone ancora in schiavitù.

Imbrattare i muri del ministero fa incazzare il ministro, eppure una persona transgender che si butta sotto un treno si dimentica in fretta. Così come il suicidio di una dodicenne che è stato, a quanto sembra, la ragione di questa azione “vandalizzatrice”. Come ha detto l’attivista Hubert Sobecki a OKO.press, per Piontkowski il sangue è meno importante della vernice.

Alla fine, ieri mattina, grazie alle videocamere onnipresenti (Varsavia, dopo Londra e Berlino, è la terza città più “sorvegliata” d’Europa), è stato possibile prendere l’autrice (o una delle autrici) dell’azione. In un’intervista con Anton Ambroziak, ha difeso  la propria azione sottolineando il valore della strategia dello shock:

“tutte le azioni impopolari, ma di grande effetto, di questo anno, hanno ampliato la nostra visibilità. E insieme alla visibilità cresce la consapevolezza sociale. La gente capisce che non siamo una setta o una subcultura, ma solo persone, i loro vicini, i loro colleghi, i loro compagni di scuola. Siamo gente comune, l’unica differenza è che siamo discriminati dalla legge polacca.”**

Un mio conoscente è andato alla manifestazione di solidarietà davanti alla caserma dove sarebbe dovuta avvenire l’interrogazione. A quanto testimonia, il numero di poliziotti era quasi grottescamente sproporzionato rispetto a quello dei manifestanti (così come era successo durante l’atto di disobbedienza civile organizzato da Extinction Rebellion a inizio ottobre. Si direbbe che, nonostante manganelli e pistole, i tutori dell’ordine sentano il bisogno anche di essere sempre quattro, cinque volte di più – per parafrasare jim morrison, non solo “they’ve got the guns” ma anche “the numbers”.). Anche per questo chi è in italia può compiere un gesto di solidarietà, in questo caso particolare, con meno pressione da parte delle forze dell’ordine. E ancora una volta, si tratta di scegliere da che parte stare, da che parte indirizzare la propria rabbia: capire se è più importante il decoro urbano o le vittime dell’omotransfobia.

 

*(“Barbarzyństwo LGBT+” – si veda a riguardo l’articolo di Żytnicki e Wysocki uscito su Gazeta Wyborcza nell’edizione del 30-31 maggio 2020, intitolato “Homofobiczna kampania Ziobry”, letteralmente: “La campagna omofoba di Ziobro)

**intervista del primo ottobre, reperibile su OKO.press sotto il titolo: “Nie chcemy oddawać pola homofobom” – mówi aktywistka, która namalowała imiona na gmachu MEN