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Appunti provvisori dalle guerre stellari

Ciò che segue è una serie di appunti sulle proteste che da qualche giorno hanno luogo a Varsavia, in seguito alla sentenza della Corte suprema che dichiara l’aborto incostituzionale se il motivo dell’intervento è la malformazione del feto.

La situazione è in continuo aggiornamento e le proteste sono tuttora in atto e non finiranno certo prima di lunedì sera, dato che Ogólnopolski Strajk Kobiet sta preparando una manifestazione per il pomeriggio di domani. Per quanto provvisoria, però, spero che questa roba possa dare un’idea a chi vive in Italia di quello che sta succedendo in Polonia. O forse non è vero, forse sto scrivendo queste righe solo per me stesso, solo per ricordarmi in futuro a che cavolo stavo pensando in questi giorni pazzi.

Comincio da venerdì, un giorno dopo la sentenza.

I vestiti adatti per le tue guerre stellari (ma senza trucco, perché tirano i lacrimogeni)

A Varsavia, in una specie di piscinetta, c’è una scultura del papapolacco che sembra scagliare un macigno verso la terra. Secondo l’autore, il cui nome non val la pena diffondere, rappresenterebbe il papa che ci difende dal comunismo contemporaneo targato LGBT.

Verso le 16:30 di venerdì 23, secondo quanto ha riportato il portale NOIZZ, delle attiviste hanno riempito la piscina di un liquido rosso e poi hanno cominciato a sguazzarci dentro. Un’attivista ha così spiegato a NOIZZ: “Rispondiamo simbolicamente alla sentenza di ieri del Tribunale Costituzionale. Vogliamo far vedere, come va a finire: queste donne nella pozzanghera di sangue sotto il papa sarà come va a finire. E non sarà solo il sangue dei bambini nati morti tra le loro mani, ma anche il sangue di tutte le donne che possono morire per aborti eseguiti clandestinamente o con parti difficili.”

Stavo ancora leggendo di questa azione, guardando le foto di grande impatto di Krzysztof Gonciarz, quando la pagina di Ogólnopolski Strajk Kobiet ha pubblicato un evento intitolato To jest wojna, Questa è una guerra.

La descrizione leggeva (e legge ancora):

“Qui fanno la GUERRA alle donne.
Ci vediamo stasera alle 7 in via Mickiewicza 49, Varsavia, Żoliborz
Vieni e fai attenzione alla tua sicurezza – mascherina, disinfettante, distanza.
Se vuoi prendere parte a questo evento la mascherina è obbligatoria – le persone senza mascherina verranno riportate alla polizia.
Non puoi venire?
#DiCosaNePensi – registra un video di 30 secondi, aggiungi l’hashtag, condividlo in rete.
Alle 19:00 ovunque tu sia (a casa, in un negozio, per strada) metti sul telefono, sulla tua macchina, dal computer LA MARCIA IMPERIALE di Guerre Stellari.”
Impossibilitato a uscire dalla tosse e il raffreddore, alle 18.50 ero lì che collegavo le casse al computer e cercavo su peertube il pezzo di John Williams. E proprio allora ho sentito partire un suono che è diventato una costante negli ultimi giorni qui a Varsavia: le sirene della polizia (le sto sentendo anche adesso, mentre apro e chiudo questa parentesi, tra le 20:39 e le 20:40 di domenica).
Sirene della polizia che andavano, veloci, verso via Mickiewicza 49, ovvero, sotto casa di Kaczyński (per i detrattori Kaczor, “paperotto”), dove immagino che la gente stesse appena cominciando a riunirsi.

Lì, a sentire i miei conoscenti che sono potuti andare, il canto più popolare sarebbe stato “Jebać PiS” (traducibile come un “PiS, vaffanculo!”).Dopo essere stati da Kaczynski i/le manifestant* sono andat* sotto il parlamento, dove hanno ricevuto il sostegno anche da parte dei tassisti che hanno bloccato la strada con le loro vetture. Da sotto il parlamento, sono poi andati in via Parkowa, dal primo ministro Morawiecki.

La polizia che cosa ha fatto? Ha usato i lacrimogeni. Ha minacciato multe “anticovid” dai 5 mila ai 30mila zloty (5 mila zloty sono un po’ di più di mille euro). La notte successiva, sabato, ha detto alla folla riunitasi nuovamente: “disperdetevi!”; e Marta Lempart ha risposto “Disperdetevi voi, questo è il nostro territorio.”

Reagan vs l’Impero del Male: quando nemmeno avere le bombe ti può salvare dalle bonze

A Varsavia non c’è solo la statua del papasciatore. C’è anche una statua di Ronald Reagan. Qualche vandalo, però, nel corso di queste proteste, ha colto l’occasione per sprayarci sopra la scritta PRO ABO. La statua è stata poi pulita, anche se un conoscente che era alla manifestazione è riuscito a scattarne una fotografia, che lascio qui per gli estimatori della cultura angloamericana:

Interessante è la reazione di Michał Szczerba, parlamentare di PO (e qui è importante ricordarsi il partito. Non sono i cattivoni del PiS, sono “””l’opposizione”””), che via twitter ha ringraziato la polizia di Varsavia per essere intervenuta prontamente, dichiarando poi: „Qualsiasi forma di vandalismo e provocazione è inaccettabile. Ronald Reagan ha sconfitto l’Impero del Male. Da tre decenni le polacche e i polacchi gli devono la libertà e la democrazia.” Ci avrebbe poi aggiornat*, con una certa pomposità, che „il monumento è stato pulito professionalmente

Queste dichiarazioni mi riportano con la mente a quanto avvenuto qualche settimana fa, quando degli attivisti hanno scritto sui muri dell’edificio del Ministero dell’Educazione i nomi delle vittime dell’omotransfobia. Il ministro dell’educazione si è subito preoccupato di condannare il gesto come “barbarie”, senza preoccuparsi nemmeno per un momento delle motivazioni dietro di esso. Ancora una volta, si punta il dito sul decoro per distrarre i cittadini dai problemi veri.

 

Klor na kler

C’è un altro tipo di protesta, in questi giorni, che non ha luogo per le strade, ma nelle chiese (o sulle chiese).

Il 22 ottobre, il giorno della sentenza contro il diritto all’aborto, in un post su facebook, lo scrittore Jacek Dehnel aveva commentato:

“Guardo l’espressione diffusa – giusta, legittima e da me sostenuta completamente – dell’indignazione per la decisione con il quale uno pseudotribunale, su suggerimento del partito e della chiesa, ha condannato le donne a sofferenze disumane.

E però intanto penso… quante di queste persone (che protestano, ndt):

– vanno in chiesa (ogni settimana o solo a Natale – non fa differenza)

– si sono sposate in chiesa

– hanno battezzato i propri figli

– hanno mandato i figli a fare religione a scuola

– ricevono il prete in casa dopo il Natale

– fanno offerte in Chiesa, dà buste quando si sposa

Perché Przyłębska (alla fine tanto servile nei confronti della „scienza” della chiesa, quanto Rzepliński o Zoll), Kaczyński, quelli dell’ordo iuris e le Kaja Godek (attivista prolife, ndt) sono una cosa a parte. Ma siete voi, voi tutti, che per trent’anni mettete soldi sotto questa graticola sulla quale stanno le donne, le persone LGBTQ+, i bambini stuprati e altri nemici della chiesa.”

 

Pensieri simili sono arrivati anche da alcuni miei amici. Mi sembra che in seguito alla sentenza, che manda un lezzo d’incenso abbastanza intenso, alcuni polacchi abbiano cominciato a chiedersi quanto sia coerente dare soldi ad un’istituzione che rovina le loro vite. Proprio mentre scrivo queste parole vedo un post sul gruppo di Ogólnopolski Strajk Kobiet che dice “Donna, protesta! Disiscrivi i figli da religione”.

Ancora prima della sentenza del tribunale, si erano cominciate a vedere scritte sui muri delle chiese. Molte di queste scritte danno il numero utile da chiamare quando si necessita di un aborto, legato all’associazione Aborcja Bez Granic (Aborto senza frontiere).

Stamattina, però, è partita una vera e propria azione targata Ogólnopolski Strajk Kobiet, costituita di tanti gesti, provocazioni e vandalismi avvenuti in altrettante chiese. In alcuni casi si parla sempre di scritte sui muri. Si tratta a volte di scritte anche dure come “jebać kler” (vaffanculo il clero). In altre occasioni, qualcuno è stato fuori dalla chiesa con striscioni o bandiere arcobaleno e altre volte ancora, qualcuno è entrato in chiesa per distribuire volantini. Uno dei gesti di maggior impatto, tra quelli di cui sono a conoscenza (la situazione è in continua evoluzione) è quello di una ragazza che è entrata nella chiesa di Saska Kępa, qui a Varsavia, con un cartello che recitava “Preghiamo per il diritto ad abortire” (la foto, di Weronika Zawadzka, è reperibile qui.)

Questa serie di azioni è stata a volte accolta anche con reazioni violente, sia a livello verbale che fisico. A una mia amica che manifestava con la bandiera arcobaleno fuori da una chiesa hanno urlato “perché protesti se sei di orientazione lesbica” (traduco letteralmente) “non avrai mai una gravidanza”, dimostrando non solo un notevole grado di frustrazione, ma anche di pura ignoranza.

Un articolo di OKO.press riporta un’aggressione avvenuta in un’altra chiesa di Varsavia, Świętego Krzyża. Una donna avrebbe lasciato un volantino con scritto “corpo mio, affari miei” all’altare. Sarebbe arrivato un nazionalista a distruggere il volantino e poi altri a portare la donna fuori dalla chiesa. Un’altra persona che stava protestando è stata buttata giù dalle scale della chiesa ed è stato necessario chiamare l’ambulanza. La polizia ha osservato tutto questo senza battere ciglio. Per chi volesse vedere i video di quanto accaduto, qui potete trovare l’articolo citato.

Questa passività da parte della polizia quando si tratta di nazionalisti non è niente di nuovo in nessun paese – eppure non può non preoccuparmi. Una sentenza assurda ha scatenato delle proteste legittime e queste proteste, a quanto pare, hanno risvegliato i nazionalisti. Il problema è che, come si è visto, i nazionalisti hanno spostato l’azione dal campo degli striscioni e delle scritte sui muri a quello delle aggressioni fisiche. Se queste aggressioni vengono “condonate” non ci si può aspettare che il peggio dai prossimi giorni.

Per adesso, le forze dell’ordine sembrano più interessate a far suonare le loro sirene e a fare le sgommate per le strade di Varsavia per tutta la sera. Le persone che conosco e che ne hanno la possibilità, ogni sera escono e vanno a manifestare, alla faccia di chi confonde le cittadine e i cittadini polacchi con chi li/le governa. Nell’aria si respira, così mi dice chi l’aria può uscire a respirarla, addirittura la “rivoluzione”. Sono sempre un po’ scettico quando sento queste cose, forse troppo scettico per la mia età, ma c’è anche da dire che qui la rivoluzione non servirebbe. Stiamo solo chiedendo dei diritti fondamentali. Stiamo solo chiedendo di non essere espropriati del nostro corpo.

Nelle voci di chi mi scrive sento, se non la rivoluzione, l’adrenalina. Nonostante la paura di uscire e di beccarsi una megamulta che può davvero rovinare uno studente, un disoccupato o chiunque abbia un reddito che gli consente a malapena di sopravvivere, nonostante la paura del gas e delle botte e soprattutto nonostante l’incazzatura, chi mi scrive lo fa con una certa positività, un po’ perché qualcunǝ è alla prima protesta della propria vita ed è tuttǝ galvanizzatǝ, un po’ perché altrǝ trovano comunque delle situazioni divertenti nella quotidianità della protesta.

E così succede che il mio conoscente, che potremmo, perché no, chiamare Squorp, tra considerazioni più serie ha trovato il tempo di dirmi che alcune folle sembrano scarseggiare di ispirazione per quanto riguarda gli slogan da lanciare. Gli è stato chiesto, mi dice, se aveva qualche idea che non fosse “Jebać PiS” e Squorp ne ha buttati lì un paio. A quanto pare però, “Jeśli państwo mnie nie chroni-moje siostry będę bronić” risultava troppo lungo e questo gruppo ha ricominciato a intonare “Jebać PiS”. Quando Squorp me l’ha detto io, che in mezzo a tutta questa rivoluzione mi sento come il tipo con la gamba rotta nella finestra sul cortile, gli ho detto “Scusate, ma da voi non si dice “cloro al clero”? Poche sillabe, grande impatto” e da allora mi sono ripromesso di diffondere questo slogan nel varsaviano. E così niente, se sentirete gridare da qualcuno “klor na kler” saprete da dove tutto è cominciato.