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Meno diritto all’aborto, meno diritto ai nostri corpi

La legge sull’aborto, in Polonia, faceva già abbastanza schifo. Prevedeva la possibilità di interrompere la gravidanza solo in tre casi limite: pericolo di vita per la madre, in caso di stupro, o in presenza di una grave malformazione del feto. Da ieri pomeriggio, però, la Corte costituzionale polacca si è superata e ora, anche se il feto presenta malformazioni, per legge bisogna portare a termine la gravidanza.

Ho scritto “si è superata”, ma, in realtà, l’esito di questa votazione era dato per scontato. La maggior parte dei giudici della Corte, infatti, è stata nominata dal PiS, il partito nazionalista e ultracattolico che da anni (almeno dal 2016) complica la vita alle donne polacche osteggiando aborto, educazione sessuale e limitando l’accesso alla pillola del giorno dopo.

Le proteste contro questa votazione si sono scatenate solo dopo la sentenza. Se ciò sembra un po’ vano e anche deludente, specie se si confronta questa reazione con Czarny Protest, la serie di proteste che nel 2016 effettivamente spinsero il governo a rimandare la restrizione del diritto all’aborto, bisogna tenere conto della situazione attuale in Polonia. Per fronteggiare il coronavirus, due settimane fa Varsavia è diventata “zona gialla” e una settimana fa “zona rossa”. Se vogliamo quindi prendercela con qualcuno, non è tanto con chi non ha protestato prima e lo sta facendo ora che dovremmo farlo, quanto con il governo, il quale mesi fa ha tenuto le chiese aperte mentre chiudeva le scuole, ha insistito per fare comunque le elezioni perché gli conveniva e ora, mentre le restrizioni anticovid sono attive e rendono molto difficile riunirsi e protestare, si adopera per far passare le leggi più impopolari.

Qui a Varsavia, conosco anche delle persone molto attive politicamente che non hanno saputo di questa votazione se non all’ultimo e, ancora una volta, è probabile che questo sia dovuto all’ingombrante presenza del tema coronavirus sui media. Tutti questi fattori hanno impedito una reazione come quella dell’autunno di quattro anni fa e, nel pomeriggio di ieri, è arrivata una sentenza che rappresenta un altro passo in avanti nel delegalizzare completamente l’aborto.

Questa sconfitta dei diritti civili ha un valore simbolico ancora più forte delle sue conseguenze pratiche. Per molte persone, l’aborto è impraticabile ora come lo era una settimana fa. Per tutte quelle persone, per esempio, che hanno una gravidanza “sana” ma indesiderata. Questa decisione del tribunale è però uno schiaffo per chi negli ultimi anni ha cercato di costruire una polonia diversa, attraverso l’attivismo e le proteste, anche pagando personalmente per il proprio impegno (penso a Marta Lempart).

Siamo governati da fondamentalisti“, ha detto la vicepresidente del Senato Gabriela Morawska-Stanecka intervistata da Agata Szczęśniak per OKO.press. Ed è proprio questo il messaggio lanciato dall’inasprimento di una legge già tra le più severe in Europa. Ed è proprio così che bisogna cominciare a spiegare quello che sta succedendo qui: è fondamentalismo cattolico. È la fede, nella sua versione più estrema, che diventa diritto, ancora una volta, e il fatto che si tratti di cattolicesimo e non dell’Islam temuto dall’italiano medio dovrebbe far riflettere.

Da persona che vive in Polonia non è nemmeno una questione di empatia capire quanto questo complichi la vita della popolazione polacca. Non devo usare l’immaginazione o immedesimarmi – mi basta ricordare. Ricordo un viaggio in treno (già, un treno, sebbene ancora all’interno della città) per andare a procurarci una prescrizione per la pillola del giorno dopo, sperando che la dottoressa che ci avevano indicato fosse effettivamente “buona” anche con noi. Normalmente si scherza anche su queste cose, dicendo “ci tocca andare ad abortire in Slovacchia”, ma su quel treno la preoccupazione era reale: eravamo in pieno Covid e, anche se avessimo voluto, non avremmo potuto abbandonare la Polonia per andare in Slovacchia ad abortire.

Se ho usato l’espressione “popolazione polacca” è perché, mi sembra ovvio, il diritto all’aborto non riguarda direttamente solo le donne. Riguarda, direttamente, le persone che attraverso i rapporti sessuali corrono il rischio di avere o scatenare una gravidanza indesiderata. È proprio qui che gli etero dovrebbero (dovremmo) trovare un altro spunto di empatia per le persone LGBTQ+ in quanto in entrambi i casi vediamo un potere (la Chiesa, la società ultracattolica, il PiS filoclericale) voler mettere le mani sui nostri corpi, pretendere di regolamentarli, o verso l’eteronormatività o verso il sesso-visto-come-mezzo-per-la-riproduzione. Questa sentenza, per quanto infame, potrebbe essere il colpo che fa svegliare tutte quelle persone che pensavano che fossero sempre problemi degli altri.

In ogni caso, chi è sempre stato attivo oggi lo è ancora di più. Questa sera, alle 19.00, sotto la casa di Kaczyński in via Mickiewicza 49, Ogólnopolski Strajk Kobiet ha organizzato una protesta. Se per colpa della geografia o della salute non potete andare sotto a casa di Kaczyński, qui potete effettuare una donazione ad Aborcyjny Dream Team, un’associazione sempre pronta ad aiutare le persone che vogliono interrompere una gravidanza indesiderata.