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Cosa chiede chi protesta in Polonia?

Nel pomeriggio di ieri, in una conferenza stampa di Ogólnopolski Strajk Kobiet, Marta Lempart ha comunicato le richieste, scelte tra “le proposte della gente che dallo scorso giovedì protestano in difesa dello stato di diritto, in difesa dei diritti umani e contro il governo”. Eccole (fonte: OKO.press):

  • Mandare a fanculo la dichiarazione di Przyłębska;
  • Mandare a fanculo Przyłębska;
  • Vogliamo un vero Tribunale Costituzionale;
  • Vogliamo una Corte Suprema interamente legittima;
  • Vogliamo un vero Difensore Civico (ombudsman);
  • Vogliamo una riforma del budget – fondi per la salute, aiuti per i lavoratori, per gli imprenditori, per la cultura e un sostegno reale per le persone con disabilità;
  • Vogliamo, nella loro pienezza, diritti delle donne, aborto legale, educazione sessuale, accesso agli anticoncezionali;
  • Vogliamo pieni diritti umani;
  • Vogliamo uno stato laico, quindi la cessazione dei finanziamenti alla Chiesa dal budget statale e buttare fuori la religione dalle scuole;
  • Vogliamo le dimissioni del governo.

Chiediamo un Comitato Consultivo come in Bielorussia, che lavorerà a come ripulire il bordello lasciato dal PiS.”

È interessante notare, non tanto (come faranno i perbenisti) il linguaggio volgare (il “wypierdalać”, da me grezzamente tradotto con “mandare a fanculo” o anche solo “buttare fuori”), semplicemente frutto dell’esasperazione, quanto piuttosto l’uso della parola “dichiarazione” in merito alla sentenza contro il diritto all’aborto di Julia Przyłębska, dal 2016 presidente del Tribunale Costituzionale polacco. Perché ridurre una “sentenza” a una “dichiarazione”? Il punto sarebbe, come ha detto a OKO.press lo studioso di diritto Michał Ziółkowski che il Tribunale Costituzionale è pieno di persone “messe lì” in maniera anticostituzionale. Inoltre, il Tribunale manca d’indipendenza, considerando che i suoi membri non nascondono la propria simpatia politica nei confronti del PiS. Per questo, secondo chi protesta, si tratta solo di una “dichiarazione” e non può avere valore di “sentenza”.

Per il resto, le richieste sono molto forti e auspicano una tabula rasa da cui far rinascere una Polonia completamente diversa: rispettosa dei diritti umani, con un sistema giudiziario autonomo e soprattutto lontana dal fondamentalismo religioso di questi anni, laica, libera dalle ingerenze della Chiesa cattolica. Se questo si dovesse davvero realizzare, non sarà esagerato usare la parola rivoluzione.