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Le ultime ca**ate della polizia a Varsavia

Oggi in Polonia si torna a manifestare, dopo appena due giorni di pausa (uno, se si considera la protesta contro la brutalità della polizia avvenuta l’altro ieri). Da qualche tempo, la fiducia nelle forze dell’ordine polacche è caduta a picco. Mentre qualcun* sui social media parlava degli antifa come “angeli”, in riferimento al giorno in cui gli antifascisti hanno difeso la folla dall’attacco dei nazionalisti (ben prima dell’intervento della polizia), si sentono sempre più spesso slogan come “faszyści, policja, jedna koalicja” (fascisti, polizia, una sola coalizione).

Personalmente, il limite dell’assurdo l’ho sentito con le mie orecchie il 28 novembre, quando la polizia ci ha circondatǝ in via Waryńskiego e allo stesso tempo ci chiedeva di disperderci e lo rendeva impossibile (continuando a circondarci). Ma ieri mi hanno raccontato che, sempre il 28, durante un’azione di Extinction Rebellion al centro commerciale, è successa un’altra assurdità che conferma da che parte sta la polizia: a un poliziotto che proponeva una multa, un ragazzo avrebbe risposto “perché non fa la multa anche alle persone in fila per entrare al negozio? Lo vede, non stanno mantenendo le distanze” e lui “Ma quella non è una protesta”. Che quindi sia chiaro: le regole di distanziamento non valgono per tutt*, ma solo per chi non consuma, per chi non va in chiesa, per chi, insomma, non fa le cose “per bene”.

Avrei voluto continuare con i miei diari, ma mi sembra più urgente fare una compilation di tutte le cazzate commesse dalla polizia negli ultimi giorni:

8 dicembre, sbirri a domicilio

Alle sei di mattina la polizia è andata a prelevare dal proprio appartamento una persona e l’ha portata a Wilcza. Probabilmente per aver scritto “l’aborto è ok” (aborcja jest ok) su un monumento. Il canale di Telegram commenta in merito che fermi simili (per scritte sul palazzo dell’istruzione) sono già stati considerati “illeggittimi” (niezasadne) dal tribunale e che questo si tratterebbe, dunque, di un tentativo di spaventarci.

Da Wilcza questa persona viene portata in procuratura verso le quattro. Lì, un’amica va a prenderla e viene anch’essa fermata e portata da Wilcza. Così, mentre la prima persona viene rilasciata, la seconda segue le sue orme, passando da Wilcza alla procuratura in via Krucza. Verso le otto, anche la seconda persona viene rilasciata.

9 dicembre, violenza

La manifestazione per il clima comincia alle cinque sotto la cancelleria del primo ministro. Alle cinque e quaranta la polizia dice a chi protesta per il clima “non siamo vostri nemici”. Dieci minuti dopo, alle cinque e cinquanta, la prima persona viene fermata e portata dentro a un furgone della polizia. Le persone fermate vengono portate ai commissariati di Wilcza e Zakroczymska, così in questi due posti si riuniscono diversi manifestanti per dimostrare la propria solidarietà. E mentre la polizia rilascia le persone fermate sotto la cancelleria, ne arresta altre. A Wilcza sono 10 le persone fermate. 3 rilasciate, 5 portate altrove, 2 ancora trattenute a Wilcza – a una di queste ha una mano rotta.

Solo il giorno dopo, la persona che gestisce il canale Telegram scrive:

“Ieri sono stata vittima della violenza della polizia. Durante la dimostrazione di solidarietà con le persone fermate a Wilcza, precisamente alle 22, la polizia si è scagliata sulla folla e 10 persone sono state portate a forza sul furgoncino, per accusarle di aver disturbato la nottata silenziosa, che a parte tutto non è definita legalmente in nessun modo. Io prima sono stata chiusa dalla polizia, poi soffocata con la mia sciarpa da un agente e infine portata a forza sul furgoncino. Nel tragitto al furgoncino, mi è stato girato il braccio senza nessuna motivazione (mi portavano in diversi e non facevo resistenza). Il poliziotto che me l’ha fatto, ci ha messo tanta forza, che mi ha rotto il braccio. (…). Cosa significa? Che il mio braccio è rotto in diversi punti, immobilizzato per tre mesi e devo sottopormi a un’operazione (…). Ovviamente il poliziotto che l’ha fatto, ne era consapevole. Mi ha buttato sul furgone e poi è scappato, affinché non potessi ottenere i suoi dati mentre loro prendevano i miei. Mi ha infatti identificato un altro agente. Inoltre, la polizia mi ha torturato in un altro modo, forse anche peggiore: per mezz’ora si è rifiutata di fornirmi aiuto medico, mentre dalla finestra del furgoncino potevo vedere il gruppo dei medici che aspettava dall’altro lato della strada. L’ambulanza è stata chiamata solo da una poliziotta che è entrata dopo mezz’ora per fare un controllo, ma l’ambulanza ha rifiutato di venire per la mano, perché sappiamo tutti com’è la situazione con la pandemia. Per tutto il tempo, dall’altro lato della strada c’erano i medici. Dopo circa 45 minuti, quando si è trovato un agente che ha voluto prendere i miei dati e sul posto si è trovata un’avvocata che collabora con Szpila, sono stata rilasciata. (…)”

12 dicembre, per una bandiera

La polizia, di nuovo, irrompe nell’appartamento di qualcuno. Questa volta succede nel quartiere di Ursus, alle otto di sera, a una famiglia con due bambini. La polizia se ne va attorno alle nove e la famiglia riceve un invito a un interrogatorio. L’accusa? “Oltraggio alla bandiera attraverso un fulmine”. A quanto pare avrebbero appeso alla finestra la bandiera polacca con sopra un fulmine rosso, simbolo di queste proteste.

Nonostante tutte queste cazzate, questi abusi di potere, questa violenza, chi protesta in Polonia non si fa mettere paura. Oggi, a mezzogiorno, fra mezz’ora, comincia una manifestazione che dovrebbe essere tra le più partecipate. Per dire basta a un potere che condanna all’aborto clandestino, che manda la polizia in casa per una scritta o una bandiera, che sfrutta la pandemia prima per dare sentenze infami e poi per reprimere le proteste. Sul fatto che la Polonia, grazie a quest* cittadin*, possa cambiare, ho qualche speranza. Sulla polizia, non ne ho più nessuna.