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Varsavia, Polonia, 1312

Il 13 dicembre, per i/le cittadinǝ polacchǝ è un giorno importante. Nel 1981, in questa data, il generale Jaruzelski dichiarava lo stato di guerra (stan wojenny), ovvero l’entrata in vigore della legge marziale, che sarebbe durata fino al 22 luglio 1983. Un periodo di repressione che in moltǝ ricordano e che qualcun* comincia ad associare alla situazione attuale.

Negli ultimi tempi, in effetti, la polizia ha fatto molto per farsi odiare: , oltre ad aver fatto tantissime multe sommarie, giustificandosi con l’emergenza coronavirus, ha: gettato del gas lacrimogeno ad una giornalista, investito un manifestante, strappato il tesserino di una parlamentare e rotto un braccio ad un’adolescente. Sicuramente sto dimenticando qualcosa. Mi sembra quindi comprensibile che, domenica 13, molte delle invettive di chi protestava fossero dirette alla polizia.

Quando sono arrivato, verso mezzogiorno, la gente si stava ancora radunando attorno quello che ormai viene chiamato Rondo Praw Kobiet (“Rotonda dei Diritti delle Donne”, il suo nome ufficiale è in realtà Rondo Dmowskiego).

Prima ancora che la dimostrazione cominciasse la polizia ha diffuso la sua solita registrazione in cui dice che “si tratta di un assembramento illegale” e in cui invita a “disperdersi”. Tra i manifestanti, qualcuno era preparato perché è partita una contro-registrazione, con una voce monocorde simile a quella usata dalla polizia che diceva più o meno: “la manifestazione è legale e pacifica, si invita la polizia a non ricorrere alla violenza”.

Che si possa essere d’accordo o no con l’idea di riunirsi per protestare, infatti, da un punto di vista strettamente legale, è la polizia ad avere torto. La costituzione garantisce il diritto all’assemblea e allo sciopero e solo attraverso una legge si può restringere questo diritto, e non via decreto legislativo. La manifestazione si è messa in marcia, seguendo il furgoncino dello Strajk Kobiet, ma prima ancora di raggiungere il punto in cui Marszałkowska si incrocia con Świętokrzyska abbiamo trovato il primo ostacolo: un cordone di polizia ci sbarrava la strada. Allora “le forze dell’ordine” hanno cominciato a ordinarci di andare sui marciapiedi. Qualcuno, nella folla, ha gridato “La polizia sul marciapiede!”, un’altra persona vicino a me lo ha ripetuto e l’intera folla ha cominciato a scandirlo.

Risolute, le organizzatrici della protesta, ci hanno detto di invertire la rotta, lasciando il cordone di polizia dispiegato in via Marszalkowska a badare la strada in nostra assenza e ci hanno fatto voltare in una strada per poi raggiungere Świętokrzyska comunque, grazie a una traversa. Da lì siamo poi scesi verso il centro storico, passando per Plac Józefa Piłsudskiego, dove era impiegato un numero assurdo di poliziotti. Eppure non sembravano avere intenzione di fermarci: se ne stavano per lo più immobile e solo dopo un po’, mentre li superavo in direzione del centro storico, mi sono reso conto che facevano la guardia al “famoso monumento delle scale”. Ovvero un monumento a forma di scalinata (verso il paradiso?) per ricordare la tragedia di Smolensk.

Abbiamo proseguito scendendo sulla Trasa WZ e poi immettendoci su Wybrzeże Gdańskie, che, per darvi un’idea, è un po’ come dire che a un certo punto stavamo camminando in mezzo alla tangenziale.

Camminare per le corsie di Wybrzeże Gdańskie era una sensazione bellissima. Il vento, l’aria grigia. Per un secondo penso che in effetti, nonostante non ci fosse il sole, nel senso puramente fisico, questa passeggiata è stata piacevolissima. Mentre camminavamo Squorp cercava sempre di stare lontan* dalle bandiere polacche, non un compito facile dato che non erano così poche come si potrebbe pensare.

 

Arrivati al ponte (quello con la scritta “miło cię widzieć”), abbiamo visto un’altra fila di poliziotti pronti a sbarrarci la strada. Un ragazzo ha detto al megafono “noi siamo una protesta pacifica, non facciamo un altro 13/11”. E poi, urlando “e adesso andiamo a svegliare Jarek!”.

Abbiamo allora deviato verso via Mickiewicza, dove abita Jarosław Kaczyński.

Dopo un po’, passando sotto un ponte, vediamo una scritta fascista. Una ragazza avvolta in una bandiera arcobaleno tira fuori una bomboletta e avvicinatasi al muro comincia a coprire la scritta con il rosa. Uno dei manifestanti, con un bambino piccolo caricato sulle spalle, trova il tempo di urlarle contro: “che cos’è questo vandalismo, eh? Che è sta roba?”. Non riesco a trattenermi, ma allo stesso tempo il mio vocabolario in polacco non è abbastanza ricco da consentirmi di dire al tizio qualcosa oltre “ma stai scherzando? Davvero, stai scherzando?” mentre altre persone separano il genitore sbraitante dalla ragazza con la bomboletta. Andiamo avanti e mentre cammino mi chiedo se questa persona qualche mese fa era lì a condannare i gesti di Margot, l’attivista che ad agosto è stata arrestata (!) per aver tagliato le gomme a un furgoncino che diffondeva disinformazione omotransfoba. Per certa gente davvero il “decoro” è l’unico valore con cui orientarsi?

Entrando su Mickiewicza abbiamo visto che alcuni manifestanti si erano fermati attorno a qualcosa e ci siamo avvicinat* per vedere cosa stesse succedendo. Una vettura della polizia era separata dal cordone e la folla l’aveva circondata. Qualcosa di simile era successo settimane prima sotto a un ufficio della TVP quando i manifestanti avevano fermato due macchine della televisione, ma questa volta c’era sicuramente un’intensità maggiore. Non succedeva niente di estremo: molt* guardavano e basta, alcun* attaccavano adesivi sulla carrozzeria, altri disegnavano con la polvere dei cuoricini o la scritta “acab”, qualcuno era arrivato a sprayare la macchina. Una delle scritte con lo spray leggeva 1312 e Squorp mi ha dovuto spiegare – mi vergogno della mia innocenza – che è sempre un codice per “acab”, trattandosi dei numeri corrispondenti alle lettere dell’alfabeto (A è la prima lettera, C è la terza e via discorrendo).

In seguito la polizia si lamenterà (sempre su twitter, se ricordo bene) di essere stata “aggredita”. Mi chiedo se si riferisse a questo: a qualche adesivo sulla macchina, a qualche scritta, a qualche cuoricino nella polvere. È davvero possibile paragonare questo vandalismo nonviolento alla rottura di un braccio?

[O a quello che è successo poco dopo, quando dietro di noi (e dietro a un tram fermo) un poliziotto in borghese (diciamo pure un provocatore) ha sprayato negli occhi un ragazzo, in un episodio che resta da chiarire.]

Siamo infine arrivati nei pressi della casa di Kaczyński. Alle nostre spalle un murale dedicato a David Bowie vegliava su di noi come una sorta di angelo custode queer. Con il suo fulmine che attraversava il suo volto per rivelare (mi sembra) il palazzo della cultura, sembrava ancora di più in sintonia con le tantissime mascherine nere attraversate dal fulmine rosso simbolo dello Strajk Kobiet.

Il cordone apparentemente infinito dei poliziotti faceva abbastanza ridere. Davanti a loro c’erano le Polskie Babcie (le „Nonne polacche”) che sventolavano le loro bandiere, di cui mi ha colpito la scritta „siła bezsilnych” („la forza di chi non ha forza”). C’erano le volontarie e i volontari di Protestea che portavano le bevande calde ai manifestanti. Dal carro delle organizzatrici si alternavano canzoni natalizie (e i/le volontari* dell’ambulanza ballavano sulle note di Last Christmas degli Wham!) a invettive contro la polizia. Frasi più o meno così (vado a memoria): „Noi protestiamo pacificamente e voi ci rispondete con il gas, ci spezzate le braccia. ma le nostre armi sono solo le nostre parole, il nostro amore e i nostri brillantini” Guardando in alto, nella direzione opposta a David Bowie, ho notato due droni che si stagliavano nel cielo grigiochiaro. „Noi lo sappiamo che non c’è nessuno in casa di Kaczyński. Ma voi avete un aspetto proprio ridicolo, siete qui a badare alle lettiere dei suoi gatti. Siete dei badalettiere (mia traduzione di “kuweciarze”)”.

Poi, sulla scia di queste parole, un insulto che mi fa rabbrividire per un attimo: “siete dei badalettiere, ci rompete le ossa, siete degli ignoranti, probabilmente siete poco istruiti”. Io e Squorp ci guardiamo, un po’ imbarazzati. Penso ai miei genitori, uno senza laurea e uno senza diploma delle superiori. È il genere di classismo che non mi sarei aspettato in questa situazione. Passano pochi secondi di silenzio e dal carro arriva subito una ritrattazione: “scusate per quello che ho detto, se ho offeso qualcuno senza diploma. Volevo solo dire che questi poliziotti devono essere davvero ignoranti per fare quello che fanno. Ancora una volta, scusatemi” a cui segue un giro di applausi. Sono piccole cose, ma per me e forse per altr* molto importanti: aiutano a creare un certo clima all’interno della manifestazione, una sensazione di spazio sicuro, dove non si è giudicat*, insomma di costruire un microcosmo alternativo a quello proposto – con violenza – dai poliziotti e dal governo.

Sto lì ancora un po’ e poi decido di andare alla manifestazione contro la violenza della polizia che si tiene al commissariato vicino al cinema Muranów. Mentre mi dirigo verso la metropolitana, passo davanti a decine di furgoncini senza contarli. Il giornalista Tomasz Kuzia avrebbe pubblicato una foto aerea (probabilmente scattata da uno di quei droni che volavano sopra di noi durante la manifestazione) dove si vede lo sproporzionato dispiegamento di forze, le più di 80 vetture della polizia a protezione della casa di Kaczyński. Il commento del giornalista: “mettendo da parte l’orientamento politico, che cosa vedete?” e qualcuno avrebbe risposto: “le mie tasse.” Nel titolo di un articolo per Wyborcza di giugno Paweł Rutkiewicz si chiedeva se avesse ancora senso usare il termine „polizia” o sarebbe stato più corretto parlare di “security di Kaczyński”. Più di 2 milioni di złoty, infatti, sono stati spesi, l’anno scorso, per la sicurezza personale del politico polacco¹.

Nelle settimane successive, lo spirito natalizio (lol) non ha reso più buoni questi meschini funzionari dello stato. Nella notte tra giovedì 17 e venerdì 18 sono stat* fermat* attivist* anarchich* con l’accusa di aver vandalizzato un monumento. In realtà quello che probabilmente stavano cercando di fare era di coprire una croce celtica con lo spray. Per tale delitto efferato, dopo essere stati maltrattat*, insultat*, portat* in centrale, fermat* per tipo 15 ore, accusati di aver sprayato anche la croce celtica (?!), ora sono obbligat* a presentarsi al commissariato una volta a settimana. Una persona, tra loro (queste informazioni sono prese da una loro dichiarazione su facebook), è obbligata a presentarsi alla polizia tre volte alla settimana e a sottoporsi ad esami psichiatrici. Tutto questo, lo ripeto, per aver – forse! Dato che non sono stat* colte sul fatto – sprayato una farfalla su una croce celtica.

Nella mia memoria, le immagini di quella domenica 13 dicembre ogni giorno perdono qualche dettaglio. Ricordo bene, però, la prima cosa che ho fatto tornando dalla manifestazione contro la brutalità della polizia: mi sono tolto le scarpe e i calzini intrisi dell’umidità raccolta calpestando l’erba vicino al cinema Muranów. La seconda cosa che ho fatto è stata togliermi il cappotto nero e solo allora ho capito perché siano necessari tanti poliziotti, tanti caschi bianchi, per una protesta all’apparenza pacifica. Solo allora, devo ammettere, mi sono accorto degli effetti delle terribili e subdole armi usate da chi manifesta: il collo, le spalle e la schiena del mio cappotto nero erano completamente coperti di brillantini.

¹https://warszawa.wyborcza.pl/warszawa/7,54420,26025741,policja-pod-domem-kaczynskiego-okolice-patroluje-az-18-policjantow.html