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Diario delle proteste di Varsavia (23 novembre – 4 dicembre)

23  novembre

Passeggiata mattutina e solitaria da Świętokrzyska a Krakowskie Przedmieście. Sulle striscie pedonali da Marszałkowska vedo ancora le tracce di una qualche manifestazione, lo spray rosso che dice „moje ciało moja sprawa” (corpo mio affare mio). Appena svoltato su Krakowskie Przedmieście comincio a sentire una voce che esce dal megafono: menziona valori, civiltà. Viene da un gruppo di persone che si sono radunate davanti alla chiesa della Santa Croce. Reggono uno striscione in cui accusano le persone LGBTQ+ di corrompere i valori tradizionali. Passo avanti e penso: questo odio è sincero. Non si tratta solo di dichiarazioni di politici, non si tratta solo di furgoncini  omofobi: per la prima volta vedo con i miei occhi delle persone riunirsi e “protestare”, dichiarare la loro paura. Ed è una paura stupida, pericolosa, che classicamente nasce dall’ignoranza, ma non per questo non è veramente sentita.

 

Sul canale di Telegram di Strajk Kobiet veniamo informat* che ci sono diversi canali “falsi”, gestiti dai nazionalisti per carpire i dati di chi protesta.

 

Il pomeriggio si protesta ancora sotto al Ministero dell’educazione, ma questa volta, quando arrivo i caschi bianchi hanno già circondato i manifestanti che si erano incatenati al portone. Rimango lì a sbraitare un po’, vedo un ragazzo vestito da unicorno che è ormai una figura ricorrente di queste proteste (soprattutto in questa zona). A un certo punto, tra di noi viene identificato un “provocatore”, cioè una persona sospettata di essere parte della polizia e di essere lì tra la folla per creare disordini. Lui si difende, ma poi se ne va. È impressionante quanto sia diverso da noi: è l’unico che potrebbe fare il buttafuori ed è, soprattutto, l’unico senza mascherina. Dopo una mezz’ora devo andarmene per andare a lavorare (di come sia strano protestare e lavorare senza pause in mezzo ho scritto qualcosa alla fine di questo articolo). Mentre me ne vado, vedo il signore che vende Pracownicza Demokracja, che ho già visto alla proteste e addirittura in estate, quando protestavamo a Krakowskie Przedmieście di fronte all’università, alla contromanifestazione contro i nazionalisti. Mi fermo a chiacchierare. Viene fuori che lui stesso scrive per questo giornale. Mi fa i complimenti per la quasi assenza di accento; non gli credo; ci scambiamo i contatti.

Torno a casa per fare lezione e mentre sono a casa mi arriva questa notizia: una fotoreporter è stata fermata, nonostante abbia mostrato il tesserino. Portata al commissariato, verrà rilasciata solo tre ore dopo, alle sette. E ancora: nel tentativo di bloccare una macchina della polizia, un manifestante è stato investito (dalla macchina della polizia). Il ragazzo viene portato via, prima all’ospedale, poi, una volta medicato, al commissariato di via Wilcza.

Così, una volta finita la mia lezione, è lì che mi dirigo. Mentre sono quasi all’entrata della via, dal lato di Marszałkowska, la visione di una ventina di poliziotti nascosti dietro il muro (quindi visibili dalla mia parte) fa un po’ ridere. Fa un po’ ridere, perché sembrano dei bambini che giocano a nascondino, ma mi fa anche un po’ preoccupare dato che potrebbero prepararsi a chiudere Wilcza. Prendo un respiro ed entro a Wilcza. Dietro di me, i poliziotti rimangono acquattati contro i muri, visibili solo da Marszałkowska. Cerco di calmarmi, pensando che Wilcza è una via piena di cose belle: la kooperativa dobrze, la pasticceria vegana, il centro sociale Syrena. Quest’ultimo è la prima cosa che ho notato di questa via da quando sono qui a Varsavia. Non ricordo perché passavo di qua, ma ho visto subito una bandiera arcobaleno appesa su un edificio di mattoni dall’aria pericolante. Ricordo di aver fatto una foto – mi piaceva il contrasto dei colori dell’arcobaleno con il marrone dei mattoni – e di averla mandata a Squorp, come se avessi fatto una grande scoperta. Ovviamente Squorp mi ha detto subito che lo conosceva già quel posto, che era, appunto, la sede del collettivo Syrena. Davanti al collettivo Syrena c’è il commissariato.

Così dopo qualche metro entro nella folla di gente che sta urlando e fischiando in direzione dei caschi bianchi schierati davanti all’entrata. Preferisco l’interno della folla perché, da quello che capisco, un poliziotto ha afferrato una persona dai limiti esterni della folla e l’ha portata in commissariato. Lo stesso amico di Squorp, Xram, ha detto che quando ha preso la sua multa (di 20 zloty, una cosa come quattro euro abbondanti) era in realtà in una posizione di osservatore esterno.
Davanti al commissariato di Wilcza la gente scandisce slogan, come “Togliti la divisa, chiedi scusa a tua madre”. Qualcuno dietro di me si mette a fischiare in modo abbastanza forte da costringermi ad abbassarmi la cuffia e premermela sulle orecchie. Altri soffiano in corni di plastica.

Stiamo lì fino a che non vengono rilasciate tutte le persone fermate e poi torniamo a casa. Mentre me ne vado, mi volto e vedo che i caschi bianchi giocano ancora a nascondino dietro al muro.

28 novembre

 

Il giorno dopo il Black Friday riaprono i centri commerciali. Non si può andare a studiare in biblioteca, ma si può andare a fare shopping. Non si può scendere in strada, all’aria aperta, a manifestare per il diritto all’aborto (tra le altre cose), ma ci si può rinchiudere a Złoty Tarasy per consumare. Produci, consuma, crepa.

 

Extinction Rebellion organizza una protesta proprio da Złoty Tarasy e alcun* attivist* si incollano alla vetrina di Reserved. Un ragazzo viene portato via dalla polizia, al commissariato di via Zakroczymska e rilasciato poco tempo dopo. All’uscita lo aspettano le attiviste e gli attivisti di Extinction Rebellion e il ragazzo esclama: „merda, avevate detto che sareste stati qui fuori e siete davvero qui fuori” con l’incredulità di chi ha visto gesti simili soltanto nei film.

Vengo poi a scoprire che il ragazzo ha il supporto dei genitori, così come tanti altri minorenni che prendono parte alle proteste. Anche tenendo conto di questo, sul telegram di Strajk Kobiet qualche ora prima era apparso un avviso con alcune dritte dedicate specificatamente ai genitori di persone non maggiorenni.

Mi viene in mente che qualche giorno fa una mia conoscente mi raccontava di aver incontrato una ragazzina che andava in giro ad attaccare manifesti pro-scelta sui muri e che rivelandole di essere minorenne ha aggiunto „i miei sanno quello che faccio e sono dalla mia parte”. In queste proteste si può notare una certa solidarietà intergenerazionale. Le organizzazioni studentesche coesistono con le Polskie Babcie, le „nonne polacche”, che manifestano ogni giovedì (è da tanto tempo che vorrei andare a una delle loro proteste, ma il lavoro non me lo permette). Non si vede un odio cieco per una generazione passata e, parlando con un’attivista di extinction rebellion, ho sentito la preoccupazione di rendere il movimento più inclusivo per le persone più anziane. I segni di solidarietà si vedono da entrambe le parti: se una persona scrive sul gruppo di Strajk Kobiet: „Quando ero studentessa anch’io scioperavo e anche a noi ci menavano ai tempi della legge marziale. Ce la si può fare”, le adolescenti che protestano rispondono con un cartellone con questa scritta: „I AM ETERNALLY GRATEFUL TO THE WOMEN BEFORE ME WHO FOUGHT FOR MY RIGHTS”

 

La sera si manifesta e un po’ si festeggia, dato che ricorre il centoduesimo anniversario del suffragio universale in Polonia. Così si gridano slogan femministi, ma si balla anche sulle note di, per esempio, „Don’t stop me now” dei Queen (e ora ricordo di averla già sentita a fine ottobre, a Plac Wilsona, tra un intervento e l’altro). Questo, almeno, sarebbe il piano, e per un po’ funziona. Non tutto, però, va come previsto. La manifestazione si divide in due e le due parti si „perdono”. Per ritrovarci, l’organizzatrice ci fa attraversare dei cortili e ci fa infilare in stradine. Quando ci vuole far entrare in un cancello, guardo Squorp e lui stesso mi dice che se non sapesse al. cento per cento che la ragazza con il megafono è affidabile non sarebbe entrato. Eppure, nonostante la disorganizzazione, sembriamo comunque battere in velocità la polizia, che per il momento non riesce a prevedere le direzioni prese dalla folla. Quando siamo in via Waryńskiego comincia a cadere qualche fiocco di neve e le due parti della manifestazione finalmente si riuniscono, con il carro delle organizzatrici che passa a due metri da noi. Proprio lì la polizia si mette a bloccare la strada. La folla è in direzione della metropolitana e l’intenzione, sembra, è quella di sciogliersi di lì a breve. Con la polizia che blocca questo diventa impossibile. Prima un’organizzatrice chiede al megafono di far passare i manifestanti. La polizia è impassibile e procede a circondarci. Ora la situazione è assurda: la polizia fa partire la solita registrazione in cui informa i presenti che stanno minacciando la salute propria e degli altri e invita a disperderci. Come possiamo però disperderci se siamo circondati? Scavalchiamo la prima barriera per uscire dalla strada, aiutandoci a vicenda, tenendoci le borse, mettendo le mani a coppa per far saltare le altre persone. Dopo questa barriera, però, ci sono comunque altre reti metalliche troppo alte per la maggior parte dei presenti e, dagli altri lati, la polizia. Ricomincia la voce preregistrata a dire „attenzione, attenzione, questa è la polizia” al quale non possiamo resistere e rispondiamo con il coro „attenzione, attenzione, queste sono le cittadine”. Intanto ci si guarda in giro, qualcuno vede un buco nella rete, si comincia a passare da lì, per poi trovarci un’altra rete più alta poco più avanti. La polizia, direi quasi ironicamente, continua a chiedere di disperderci. Intanto i poliziotti cercano di prendere anche le persone che atterrano al di là della rete più alta. Continuiamo a vagare avanti e indietro in cerca di altre possibilità di uscita. Fa freddo, anche se la sera è appena iniziata, ma qui è buio già dalle tre e mezza di pomeriggio. Qualcuno di noi si raduna intorno ad un albero, vicino a una catapecchia a un lato della strada e si limita a guardare in direzioni diverse per capire se da qualche parte i poliziotti lasciano passare le persone (o si sono scordati di bloccare). Non è così. La folla comincia a intonare „vogliamo pisciare”. Penso se informare un mio amico giornalista. Cambierebbe qualcosa? Squorp scrocca una sigaretta a delle sconosciute. Siamo tutt* un po’ nervos*.  La polizia ci circonda, l’aria diventa sempre più fredda. Notiamo che qualcuno sta di nuovo cercando di saltare oltre la rete più alta e mentre sto per avvisarli che di là c’è la polizia, vedo che di là non c’è più nessuno. Io e Squorp guardiamo la rete e poi ci guardiamo l’un l’altro: sì, è troppo alta per noi. Qualcuno riesce a scavalcare con la bicicletta. Un’altra persona cade male, ma si rialza e riesce ad andare via. Penso a quanto siano stronze le persone che riescono a trasformare una manifestazione incazzata ma pacifica in qualcosa di veramente pericoloso. Penso a quella stronzata della „sicurezza pubblica”, quando tutti i manifestanti sono in mascherina e quando stamattina hanno riaperto i centri commerciali. Penso alle chiese aperte e alle biblioteche chiuse. Il mio incazzo è così intenso che quasi non sento più l’aria fredda entrarmi nello squarcio dei jeans, che devo essermi fatto mentre superavo la barriera, o forse mentre mi infilavo nel buco della prima rete.

La gente sta ancora scavalcando, ma gli sbirri (in Polonia li chiamano „psy”, „cani”) si sono resi finalmente conto di quanto sta succedendo e mandano una fila dei loro uomini a tirare giù i manifestanti dalla rete, per poi disporsi anche lungo quella linea ed impedire in qualsiasi modo quello che loro stessi, attraverso la voce monotona preregistrata, continuano a chiedere: di andarcene da qui.

Vedere tutti quei caschi bianchi mi inquieta, ma alla fine un pulotto ci informa di quello che sta per accadere: vogliono prendere i dati a tutti. Così, lentamente, cominciano a lasciarci defluire, dopo averci registrat*.

 

Torniamo a casa e invitiamo a cena Nongianni.

Lì la conversazione cade spontaneamente nella politica, come succede spesso in queste settimane. Per Nongianni il punto è liberarsi del PiS. Capisco allora che quando scandiva “jebać PiS” non era solo per la facilità dello slogan, ma per convinzione. Mi ricorda quello che pensavano molti italiani (anch’io?), ovvero che far cadere Berlusconi avrebbe risolto, se non tutti, un sacco dei problemi in Italia. Allora chiedo a Squorp di ricordare che cosa ha fatto Trzaskowski (PO) dopo aver firmato la dichiarazione dei diritti LGBTQ+. E Squorp risponde: niente. In due anni non ha fatto niente di ciò che era contenuto in quella dichiarazione. Nongianni risponde che almeno era una presa di posizione. Squorp allora non riesce più a trattenersi e lo (ci) informa: guarda che quando c’era PO al governo per due volte ha votato contro la legge per le unioni civili. Nongianni spalanca gli occhi come come per sentire meglio, in un’apparente illogicità sinestetica che mi è molto familiare: ha votato contro, dici? Sì, il PO ha votato contro.

A quel punto, tra il silenzio di Squorp e quello di Nongianni, come tra due lembi di mare spalancatisi davanti a me, posso liberare tutto il mio pessimismo: ragazz*, le persone che protestano adesso non hanno molte speranze di vedere i risultati di quello che fanno. Questo è solo l’inizio, ma ci vorranno anni per cambiare non solo il partito al potere, quanto le leggi. Penso alle persone minorenni che protestano e loro danno molta speranza. Perché queste persone non possono immaginare di vivere in un paese governato da fondamentalisti religiosi e quando toccherà a loro votare, non voteranno per un partito che, a inizio ventunesimo secolo nel cuore dell’europa, è semplicemente anacronistico. Però, comunque, le elezioni sono fra qualche anno e se sarà un PO qualsiasi a vincere, come mi sembra anche possibile, allora cosa cambierà veramente?

Squorp propone di guardare ai risultati già ottenuti: la sentenza del tribunale in merito all’aborto avrebbe dovuto essere pubblicata il 2 novembre. Questo non è successo e lo si deve alle proteste. Man mano che si va avanti e questa sentenza non viene pubblicata, la sua credibilità diminuisce e il modo in cui la chiamavano le organizzatrici dello Strajk Kobiet, “dichiarazione” diventa sempre più convincente. Su questo risultato tangibile siamo tutt* d’accordo, mangiamo la pizza da quel posto che sostiene le proteste, mentre io mi chiedo se Nongianni, in Italia, voti PD pensando che sia di sinistra.

2 dicembre

 

Dal canale Telegram vengo a conoscenza delle proteste pianificate per i prossimi giorni:

 

Venerdì (dopodomani): manifestazione di solidarietà con chi protesta in Bialorussia, sotto al monumento di Copernico a Krakowskie Przedmiescie, la strada che porta all’Università e al centro storico.

Sciopero nazionale per l’istruzione (Ogólnopolski Strajk Edukacyjny), da lunedì a venerdì. L’obiettivo sono le dimissioni di Czarnek, il nuovo ministro dell’educazione dal 19 ottobre di quest’anno. Perché dovrebbe dimettersi? Per esempio, il 14 giugno ha dichiarato “finiamola con queste idiozie sui diritti umani o sull’uguaglianza. Queste persone non sono persone normali e uguali e chiudiamo qui la discussione”. È abbastanza per dire che non dovrebbe ricoprire quell’incarico?

Giovedì, come sempre, le Polskie Babcie.

Lunedì, per la quarta volta, verrà bloccata l’intera Varsavia. Si parla di flash mob come forma di protesta, dell’assurdo come tema conduttore (perché questo è quello che ci serve il governo, scrivono).

Mercoledì, marcia per il clima.

4 dicembre

La sera si protesta in solidarietà con la Bielorussia. Lo Strajk Kobiet, annunciandolo, ci ha tenuto a precisare che non si intende paragonare la pislicja (come a volte chiamano la polizia pro-PiS) all’OMON. “Questo significherebbe”, leggo, “sminuire quello che sta accadendo oltre confine”.

Riesco ad andare solo con un po’ di ritardo e quando sono lì, vedo che è rimasta praticamente solo la polizia, qualche fotografo, pochissime manifestanti. È già finito tutto?, chiedo a una ragazza che indossa una mascherina nera con il fulmine rosso. Purtroppo sì. Beh, ci vediamo lunedì.

Ma cosa è successo?

La manifestazione è cominciata sotto il monumento di Copernico, come previsto. La polizia ha subito cercato di circondare le persone, che a quel punto si sono rifugiate dietro ai cancelli dell’università. Le forzedell’ordinetm si sono allora disposte fuori dai cancelli, aspettando che la gente uscisse per, come ormai ci hanno abituat*, procedere ad identificare tutt*. Mentre torniamo verso casa, Squorp vede un cartellone pubblicitario e va ad attaccarci un adesivo proabortivo sopra. Guardo il cartellone: il disegno di un feto già abbastanza formato, contenuto dentro la forma di un cuoricino. Con questa immagine superkitsch ancora negli occhi, vado a letto.