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Di quando Babcia Kasia mi ha fatto scoprire Igor Tuleya

C’è un racconto di Borges che vi sto per spoilerare (dopo questa parentesi) nel quale una spia, per riuscire a comunicare una posizione (un luogo chiamato Albert), uccide un uomo di nome Stephen Albert (se ricordo bene – sto un po’ sparando a caso e non ho Borges sottomano).

Ora, quello che è successo a me è una cosa meno drammatica e, a differenza della finzione di Borges, manca completamente di intenzionalità. Ma se Babcia Kasia non si fosse fatta fermare sotto al tribunale il 21 aprile, mentre protestava in difesa del giudice Igor Tuleya, non so se adesso avrei saputo chi è, questo, Igor Tuleya.

Una cosa scandalosa, perché Tuleya è una delle figure simbolo della resistenza agli attacchi politici al sistema giudiziario in Polonia. Io, però, non ho mai detto di essere meno ignorante dell’italiano medio che vive da queste parti, e purtroppo (?) – credo sia una tara generazionale – spesso mi ritrovo a pensare quello che cantava Raul Seixas: “non ho bisogno di leggere i giornali/di mentire sono capace anche da solo”.

Da quando però mi è arrivata la notizia che Babcia Kasia era stata fermata (e in modo brutale, come vedremo poi), ho fatto la mia ricerchina sulla persona per la quale stava protestando. La prima volta che Tuleya è risultato indigesto al PiS risale al 2007. Allora dichiarò che il fermo di Janusz Kaczmarek, ex-capo del ministero degli interni sotto il governo Kaczyński, sospettato di aver rivelato segreti di stato, era “ingiusto” e quindi “illegale”. Si attirò così le prime critiche di Ziobro che si lamentò di come il tribunale trattasse, secondo lui, in maniera diversa le persone influenti dai “pesci piccoli”.

È dieci anni dopo, però, che Tuleya ha fatto il gesto per il quale sta ancora pagando. Nel dicembre del 2017, infatti, il giudice è andato contro una decisione della procuratura riguardante fatti di un anno prima. Il 16 dicembre 2016, il PiS, avrebbe votato delle leggi al Sejm (tra cui quella riguardante il budget) durante un’assemblea alla quale avrebbe negato l’accesso ai parlamentari dell’opposizione (notare come mi sto parando il culo con tutti questi bei condizionali passati). Rispondendo alla contestazione da parte di parlamentari e cittadinə, la procuratura aveva dichiarato che non c’era stata nessuna infrazione della legge. Proprio a questa decisione Tuleya si è ribellato, ordinando una nuova indagine.

In questa dichiarazione, Tuleya ha rilevato come nella sala dove un anno prima si era svolta l’assemblea senza opposizione potesse mancare il quorum e che durante la votazione i/le parlamentari dell’opposizione erano stat* bloccat*.

La procuratura ha reagito accusando Tuleya di aver lasciato entrare dei giornalisti in aula durante questa sua dichiarazione. A novembre 2020 la commissione disciplinare (alla quale, vale la pena notare, OKOpress si rivolge sempre come “commissione disciplinare illegale”) ha sospeso Tuleya dalle sue funzioni, decurtandogli lo stipendio del 20% e privandolo dell’immunità. Qualche giorno fa, in riferimento alla presunta infrazione riguardante la presenza dei giornalisti, questa commissione disciplinare minacciava di fermare Tuleya, dato che quest’ultimo non si era lasciato interrogare, proprio al fine di sottolineare l’illegalità dei provvedimenti della procuratura e della stessa commissione.

E qui entra in scena Babcia Kasia. A mezzogiorno di questo 21 aprile è cominciata la seduta che ha visto come protagoisti la commissione disciplinare e gli avvocati di Tuleya (lo stesso Tuleya era assente). A manifestare fuori dal tribunale, già la mattina presto, c’era Babcia Kasia, che, a quanto mi ha detto lei stessa, ha cominciato il suo impegno come attivista nel 2015 proprio in difesa dell’indipendenza del sistema giudiziario. Alle 13:45 leggo su un canale Telegram la notizia che mi farà conoscere Igor Tuleya: “Babcia Kasia fermata sotto al tribunale a una protesta in difesa del giudice Tuleya, manifestazione di solidarietà a Wilcza, la polizia richiede il processo accelerato”. In realtà, OKO.press riporta che l’attivista era stata fermata la mattina alle 7:30.

Come ha scritto Maciek Piasecki nella sua relazione live, (“Babcia Kasia oskarżona o atak na policjantów. Pierwsza rozprawa w trybie dla chuliganów”, 21 aprile 2021, OKO.press), l’udienza infatti si è tenuta nella modalità accelerata in 24 ore, “pensata per gli hooligan”. L’attivista sarebbe accusata di aver offeso i poliziotti e averli colpiti. Consiglio, a chi può, di leggersi l’articolo “Stało się. Babcia Kasia przed 24-godzinnym sądzie”, uscito su OKO.press il 21 aprile e firmato da Szukalska, Szczęśniak e Piasecki. Anche chi non capisce il polacco, può dare un’occhiata alle immagini e ai video, per farsi un’idea non solo della brutalità della polizia, ma anche di quanto ridicola suoni l’accusa a Babcia Kasia. Si vede, infatti, come i poliziotti trasportino l’attivista “come un sacco” (la metafora è di una testimone citata nell’articolo). Del resto, la stessa giudice ha chiesto ai poliziotti se riportassero dei segni (“al momento di no”), se potessero indicare quando venivano offesi nel video (lì si sente solo “stupido, toglimi quelle zampacce di dosso”, ma i pulotti dicono che è successo tutto nella vettura) e ha infine chiesto quello che ci stiamo domandando  – noi retoricamente – tuttə: “non è possibile che Babcia Kasia non vi stesse colpendo, ma stesse solo dimenandosi mentre la portavate via?”.

Manifestazioni di solidarietà hanno avuto luogo sia di fronte al commissariato di Wilcza, dove era stata portata in prima battuta e poi all’angolo tra Marszałkowska e Żurawia, vicino al tribunale. Fermata alle 7:30, molto prima che cominciasse l’udienza per gli avvocati di Tuleya, Babcia Kasia è arrivata in tribunale verso le due e mezza ed è rimasta lì fino alle sette e mezza, rimandando la prossima udienza a oggi. Intanto, la sera tardi, l’udienza con gli avvocati di Tuleya verrà sospesa e, il giorno dopo, arriverà una piccola buona e inaspettata notizia: la commissione non dà l’ok per il fermo del giudice, ritenendo che la legge non sia stata infranta.

All’inizio ho detto che, a differenza del personaggio del racconto di Borges, Babcia Kasia non ha mai avuto l’intenzione di informarmi dell’esistenza di Igor Tuleya. Ma è veramente così? È ovvio che non voleva informare precisamente me, ma una delle ragioni per cui si manifesta non è in fondo anche quella di “spargere la voce”? Non solo, cioè, per fare pressione su chi ha più potere, ma anche per informare chi ha meno conoscenza. Il verbo “manifestare” non vuol dire alla fine dei conti “rendere manifesto”, cioè rendere visibile? È anche per ringraziare Babcia Kasia di avermi reso visibile Igor Tuleya, manifestando per lui, che oggi fuori dal tribunale ci sarò anch’io.