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Note da una protesta inutile ma anche no

ieri pomeriggio è cominciata a circolare su internet (io l’ho saputo attraverso telegram) la notizia che il tribunale stava per pubblicare la sentenza del 22 ottobre. Tale sentenza rende l’aborto sempre più impraticabile in Polonia. Infatti dichiara incostituzionale l’aborto nei casi di malformazioni del feto e, secondo quanto riporta oggi Wyborcza[1], “le malformazioni del feto costituiscono la motivazione con la quale vengono portati a termine più del 90% degli aborti legali”. Il canale che seguo su telegram scriveva:

 

“URGENTE: il tribunale costituzionale ha pubblicato la motivazione della sentenza. Ci vediamo alle 18:30 sotto il palazzo del tribunale in via Szucha.”

Mentre andavo verso il tribunale, arrivavano da tutte le parti della Polonia notizie di altre manifestazioni: da Poznań, Cracovia, Łódź, Rzeszów, Breslavia… si arriverà fino a 40 città, grandi e piccole. Da sotto Szucha parte la protesta che attraverserà le vie principali della città per poi finire, verso le undici, di nuovo sotto allo “pseudotribunale”.

 

una camminata (non voglio chiamarla marcia, con tutto il lezzo militaresco che emana questa parola) accompagnata dalla musica (spaziando da “Because the Night” a “Killing in the Name”, passando per “I Will Survive”), dai cori (da “io penso, io sento, io decido” a “fanculo il clero”), ma anche dalle dichiarazioni fatte al megafono dalle organizzatrici. . Tra le cose dette (non so se fosse Lempart o Suchanow – è da questi particolari che si capisce che non sono giornalista, ma sempre e solo un tipo che era lì?):

 

una promessa di solidarietà ai dottori che resteranno al fianco di chi ha bisogno di un aborto (ricordiamo che, come scrive Łukasz Woźnicki su Gazeta Wyborcza di oggi, il dottore che praticherà l’aborto rischierà fino a tre anni di carcere) e allo stesso tempo un invito ai dottori a non essere dei „funzionari del PiS” e a non negare alle persone con utero il diritto a decidere del proprio corpo.

un appello (e un rimprovero) alle persone con più privilegi, alle celebrità e alle imprenditrici. A parte qualche eccezione (immagino stessero pensando alla modella-attivista Anja Rubik) non hanno visto nessun esponente di questi mondi scendere in strada al fianco delle donne meno privilegiate. “Voglio vedere una celebrità sulla copertina di una rivista che dica: ‘sì, ho abortito’.”

L’appello è continuato sottolineando che un* cittadin* polacc* su tre ha avuto un aborto (lasciando intendere che anche le persone famose abortiscono), che le persone con più potere, le quali corrono meno rischi della maggior parte delle persone che scende a manifestare, dovrebbero vergognarsi di non avere il coraggio di fare certe dichiarazioni. Un momento molto interessante, credo, perché ci ha ricordato a tutt* che rendere l’aborto illegale non significa ridurre il numero di aborti, ma solo restringere il diritto a un aborto sicuro alle persone che possono permetterselo. Ci ha ricordato che fattori socioeconomici sono in gioco e che una persona famosa o una persona di un certo reddito avrà più facilmente accesso a un servizio che dovrebbe essere un diritto umano e invece resterà un privilegio per pochi (spesso si è poi cantato “aborcja prawem a nie przywilejem”, ovvero “l’aborto è un diritto e non un privilegio).

poi una voce che non avevo mai sentito ha preso la parola: “Mi chiamo Oleńka e volevo solo dire che le donne transgender sono donne e gli uomini transgender sono uomini e che il sex work è lavoro” per poi venir coperta dagli applausi di tutt*.

Ha poi cominciato a parlare un tizio, che non mi sembra meritare lo spazio delle altre.[2]

Abbiamo continuato a camminare (“non vogliamo finire la nostra serata sotto la sede del PiS”) e, di nuovo attraverso Marszałkowska, passando poi per plac Trzech Krzyży, siamo tornati sotto il Tribunale, dove è finita la manifestazione.

La polizia guardava e non diceva beo (o bau[3]). La stessa polizia che nelle ultime settimane e negli ultimi mesi ha strappato il tesserino a parlamentari, ha sprayato con gas lacrimogeni (anche scaduti[4]) giornalisti e fotoreporter (solo della redazione di Wyborcza Jędrzej Nowicki e Maciej Jaźwiecki[5]), ha rotto un braccio alla diciannovenne che curava il canale di telegram delle proteste, ha investito una persona che protestava, per non parlare di tutte le volte che ha fermato delle persone per futili motivi, come aver sprayato sopra una croce celtica nel tentativo di trasformarla in una farfalla. Questi stessi poliziotti che sono sempre stati più preoccupati di difendere i privilegi dell’elite (la casa vuota di Kaczyński è un buon esempio) piuttosto che i diritti delle cittadine, ieri non ha mosso un dito. Non ha nemmeno fatto partire (almeno da quando ci sono stato io) la registrazione con la voce di capobastone per informarci che la nostra manifestazione infrange la legge (altra bella cazzata, dato che il diritto a manifestare in Polonia si può restringere solo attraverso una legge vera e propria e non attraverso un decreto legislativo, come è stato fatto). Sarà stata codardia (facile fare i bulli quando dall’altra parte c’è poca gente, pacifica e disarmata), sarà che ‘sti ragazzacci avranno messo la testa a posto?

 

Domande oziose, perché stamattina mi sono svegliato, sono uscito fuori a prendere il sole e stimolare le surrenali e ho trovato il mondo un po’ più invivibile. Un po’ più di loro, un po’ più oppressivo. Proprio a manifestazione finita, infatti, ieri sera è arrivato l’annuncio che quella schifezza di pseudosentenza era stata pubblicata. E ora che faremo? Chi vive in Polonia manifesterà, scriverà (con troppe illusioni temo) alle istituzioni europee e soprattutto diffonderà il numero di telefono da chiamare per abortire in sicurezza (già ieri sera questo numero, proprio di fronte alla sede del PiS, si era fatto “coro”). Chi vuole, dall’Italia, oltre a manifestare sotto consolati e ambasciate polacche, può donare qualcosa ad Aborcja Bez Granic (Aborto senza frontiere), l’associazione che aiuta le persone con utero polacche ad abortire in questi tempi di fondamentalismo religioso.

 

E tutta la fatica di ieri? Il mio amico Squorp, che è andato alla manifestazione, mi ha detto che, nonostante la stanchezza (scarpe rotte eppur ecc ecc), è comunque content* di aver partecipato. “Se fossi stato in casa” mi dice “sarei stato tutta la sera a intristirmi, a piangere”. Ed è anche questo il senso delle manifestazioni. Le persone con cui camminavo ieri sera erano tutte stanchissime prima che cominciasse la protesta. Venivano da una giornata di lavoro o di studio e l’annuncio della legge era l’ennesima mazzata, arrivata a pomeriggio inoltrato. Eppure partecipando, ballando, intonando cori, chiacchierando, si sono res* conto, una volta ancora, che non sono solǝ, che la rabbia e la sofferenza sono condivise, e anche la speranza.

[1] “Przedsionek piekła kobiet” di Łukasz Woźnicki, Gazeta Wyborcza del 28/1/2021

[2] Niente, ha detto che lo sciopero delle donne era anche lo sciopero degli uomini. Acqua calda + testosterone non richiesto.

[3] In Polonia, un nome colloquiale con cui si chiamano i poliziotti è “psy”, “cani”.

[4] Lo dice un articolo di oggi di Wyborcza, “W demonstrantów przeterminowanym gazem”

[5] Stesso articolo della nota precedente